Via Tre Armi: Bergamo e la prova del suo fallimento culturale

Abbiamo recentemente visitato la mostra di riapertura al pubblico del Palazzo della Libertà in occasione di Bergamo e Brescia Capitale italiana della cultura – “Bergamo ‘23. Visioni per un futuro presente. Città, ambiente, comunità” -. un’esposizione che muove da un nucleo di un centinaio di fotografie del progetto “Attraversare Bergamo”, commissionato da ANCE a Gabriele Basilico nel 1998.

Un’immagine in particolare dà molto a pensare:
la fotografia di Basilico che ritrae la lunetta difensiva di via Tre Armi e testimonia come l’unica e intatta lunetta della Fortezza poi divenuta patrimonio mondiale fosse ancora perfettamente godibile e riconoscibile nella sua funzione dal circuito delle Mura.

Il confronto con l’oggi è impietoso.

Ma se allarghiamo lo sguardo a cogliere la lunetta nella sua interezza, è anche peggio.
Eppure dal Comune, al levarsi dei primi allarmi dei cittadini, l’assessorato di competenza aveva assicurato:
« L’impatto della nuova costruzione sarà identico a quella preesistente … sarà preservata la “lunetta” sottostante le Mura, parte del sistema difensivo storico della cerchia muraria veneziana »

A lavori ampiamente conclusi possiamo affermare che, come purtroppo previsto, la realtà è ben diversa.
Già l’arretramento verso le Mura dell’edificio – originariamente a filo strada e ai margini della lunetta – ha causato un impatto visivo non indifferente.
Il nuovo edificio viene ora a trovarsi proprio sopra a quella che era la “piazza della lunetta”(1), l’ampio terrapieno pianeggiante compreso tra il fossato e via Tre Armi (l’antica “strada coperta”) dove aveva luogo l’azione difensiva avanzata antemurale. Una superficie che era necessariamente sgombra da costruzioni e tenuta a prato per consentire i più ampi e liberi movimenti di difesa.
Gli avvallamenti dovuti all’aggiunta dei locali ipogei e semi-ipogei dell’autorimessa da un lato e della piscina dall’altro, nonché il pozzo che dà luce al piano interrato della villa hanno poi determinato una modifica definitiva della morfologia del terrapieno dell’antica lunetta sopraelevata.
L’aggiunta tutt’intorno di vialetti e pavimentazioni in pietra chiara e squadrata, berceau, aiuole a fagiolo con fiorellini e alberelli vari e persino un cerchio in pietra del quale non si comprende l’utilità né il senso, ha fatto il resto.

Il nuovo assetto dei luoghi costituisce quindi un grave danno alla possibilità di lettura storica della lunetta difensiva.
Ci ritroviamo così senza più la lunetta ma con una villozza di dubbio gusto a ridosso delle Mura, il cui progetto dicono essere di un prestigioso studio di architettura di Barcellona, ma che potrebbe benissimo essere il prodotto edilizio di un anonimo geometra, al pari di tante villette, tutte costruite in cima a montagnole artificiali con sotto taverna e
garage, di cui sono disseminati i paesi della bassa.

Permettendo questo scempio il Comune, l’ente Parco regionale dei Colli e la Soprintendenza hanno contravvenuto alle più elementari regole di buon senso a tutela dei luoghi, permettendo persino ciò che per regolamento non sarebbe potuto avvenire (come la modifica morfologica e d’uso del terreno a destinazione a prato su cui è sorta la piscina coperta), mostrando quanto meno un’inammissibile e incredibile ignoranza del valore storio-architettonico e paesaggistico del luogo o, ancora peggio, una colpevole noncuranza dello stesso.

Non si comprende come la Soprintendenza abbia potuto non opporsi al progetto; ancor più considerato che i lavori per la costruzione vera e propria della villa, dopo un decennio di fermo cantiere (per il quale ci saranno ben stati motivi!), sono iniziati – come per il parcheggio multipiano sotto alla Rocca – subito dopo l’arrivo del riconoscimento Unesco al sistema di fortificazione veneziano di cui fa parte la lunetta difensiva.
Proprio il riconoscimento come Patrimonio dell’Umanità, che, con l’accettazione della Convenzione Unesco, impegna la comunità al rispetto e alla preservazione del patrimonio di cui diviene custode per la sua trasmissione in eredità alle generazioni future, avrebbe dovuto rappresentare una più che giusta causa per fermare all’istante e definitivamente qualsiasi intervento edilizio sulla lunetta nel nome di un interesse superiore, pubblico e addirittura mondiale.

Verrebbe anche da chiedersi se il competente Ufficio Unesco del Ministero della Cultura ne abbia mai saputo qualcosa.
Era al corrente dei lavori previsti?
Ignorava la presenza della lunetta e il suo ruolo nell’ambito delle opere di difesa veneziane?
La giudicava di interesse tanto trascurabile da permettere di stravolgerne l’integrità conservatasi per più di quattro secoli?

Una cosa è certa:
esponendo la fotografia di Basilico, in una mostra appositamente pensata per l’anno Capitale della Cultura, Bergamo espone al mondo la prova tangibile del proprio fallimento culturale.

NOTE:

(1) Per un ulteriore approfondimento degli elementi costitutivi e caratterizzanti della lunetta difensiva, nonché della loro funzione: https://www.bergamobenecomune.it/via-tre-armi-valorizzazione-o-scempio/