Boom degli affitti brevi: è un problema
E ora è ufficiale, lo ammette anche il Sindaco («Serve un limite, Città Alta va difesa»).
E lo dicono i dati pubblicati pochi giorni fa da l’Eco di Bergamo: in città le strutture ricettive extra alberghiere (b&b e case-vacanza) sono aumentate del 380% in 5 anni, da 373 a 1792, per un totale di 7.294 posti letto.
Ricordiamo che circa il 70% degli affitti brevi in città riguarda intere abitazioni mentre sono poche le singole stanze disponibili all’interno di appartamenti abitati dai legittimi residenti (che sarebbero poi i veri bed&breakfast).
E sono in continuo aumento i casi in cui uno stesso gestore gestisce più appartamenti, facendone una vera e propria attività primaria.
Un problema che interessa in buona parte Città Alta e i borghi storici, sottraendo la disponibilità di case per i residenti.
Tanto che lo stesso sindaco Gori ammette che «va messo un argine alla trasformazione del centro storico».
Lo scorso 17 dicembre il nostro comitato ha organizzato, in collaborazione con altre realtà cittadine, una serata di confronto sul tema “TURISMO: RISORSA o CONSUMO?”, affrontando anche la tematica del dilagare degli affitti brevi e del loro impatto sulla residenza, durante la quale sono emerse alcune possibilità.

Ma i Comuni hanno davvero le mani legate?

Non proprio.
Possono per esempio, per quanto possibile, lavorare alla modifica della legislazione urbanistica sia comunale sia regionale.
E non limitandosi – come già avviene in alcune città europee e come proporrebbe ora il Sindaco – ad imporre «in modo stringente» un tetto massimo al numero di notti per unità immobiliare.
Potrebbero, per esempio, anche annullare l’equiparazione vigente fra la residenza abitativa permanente e le altre forme di residenzialità temporanea (case-vacanze, b&b, locazioni brevi, studentati …), ponendo le locazioni turistiche (di fatto commerciali) in una categoria diversa dalla residenziale, con conseguente obbligo ai gestori di richiedere un cambio di destinazione d’uso degli immobili (come già avviene per le abitazioni commutate in uffici), con conseguente applicazione di IMU e TARI adeguate.
È una delle varie proposte concrete fatte al comune di Firenze dall’associazione Progetto Firenze appoggiata da Sunia e Cgil.
I Comuni potrebbero e dovrebbero anche rivedere, da subito, le proprie politiche di abbandono e dismissione dell’edilizia residenziale pubblica (le ‘case popolari’), magari anche inserendo un’offerta abitativa di fascia intermedia, rivolta a chi – pur non avendo bisogno di ricorrere ad una casa popolare – non riesce però a permettersi i canoni di mercato in ascesa.
Di certo NON mettere a reddito il patrimonio edilizio pubblico destinandolo ad incrementare il mercato degli affitti turistici brevi, cosa che purtroppo accade anche in Città Alta: un triste esempio sono gli appartamenti di proprietà ATB nel palazzo Suardi (quello della stazione alta della funicolare) in piazza Mercato delle Scarpe.
Immagine Google street-view di Palazzo Suardi in piazza Mercato delle Scarpe (il cartello blu sulla seconda porta da destra è l’insegna di affittacamere)

La ‘task force’ europea

Un’emergenza che è sentita non soltanto nella nostra città che ancora conosce il problema in misura minore rispetto ad altre città più turistiche come Venezia, Roma, Firenze, Barcellona, Valencia, Amsterdam, Vienna …
Per questo è recentemente nata una task force di 16 città europee, che si riunirà a Bruxelles a febbraio, con lo scopo di far fronte comune e spingere la commissione europea ad adottare provvedimenti che consentano alle autorità locali la possibilità di gestire efficacemente il fenomeno.
Perché è fondamentale che la locazione degli immobili possa e debba sottostare alle regole dei paesi in cui tali immobili sono situati e non a quelle dei paesi di origine delle piattaforme web che la promuovono.

L’occasione mancata

Proprio per questo lo scorso giugno avevamo rivolto e protocollato un appello al sindaco Giorgio Gori perché aderisse al comunicato congiunto delle città europee (fra cui, per l’Italia, Firenze, Bologna e Venezia) che ha poi portato alla costituzione della ‘task force’ di cui sopra.
La petizione chiedeva a Parlamento e Commissione europea di intervenire a sostegno dell’azione delle amministrazioni locali per regolamentare la diffusione incontrollata degli affitti brevi, dopo la diffusione del preoccupante parere della Corte di Giustizia europea per cui – secondo i regolamenti e le direttive della UE – Airbnb e le altre piattaforme web di affitti brevi dovrebbero essere considerate come fornitori di informazioni digitali piuttosto che agenti immobiliari, e sarebbero quindi sollevate dal dovere di ottemperare alle normative introdotte dalle varie città e nazioni europee per regolamentare le locazioni brevi e contenere la gentrificazione turistica. Un simile parere rischiava anche di vanificare in partenza gli sforzi del Sindaco – promessi in campagna elettorale – per giungere a modificare la legge regionale nella direzione di porre un «freno all’eccessiva proliferazione di case vacanze».
Altre associazioni avevano appoggiato il nostro appello al Sindaco, il quale però non ha mai ritenuto di dover dare una risposta (positiva o negativa che fosse), né tantomeno di aderire alla petizione, forse ritenendo che la questione non fosse una priorità.
Salvo ora ammettere, nuovamente, che il problema esiste.